Con la sentenza n. 12838/2025 del 14/03/2025, la Suprema Corte ha finalmente chiarito un contrasto giurisprudenziale in tema di carte di credito “revolving” sottoscritte presso esercizi commerciali non iscritti all’U.I.C. (Ufficio Italiano Cambi), nel vigore del d.lgs. n. 374/1999 e del d.m. n. 485/2001.
Una questione all’apparenza tecnica, che però nasconde un vulnus sistemico: per anni, i consumatori hanno sottoscritto contratti di credito rotativo (revolving) con soggetti privi dei requisiti normativi. Può ritenersi valido un contratto di apertura di credito revolving promosso da un soggetto non autorizzato?
La risposta della Cassazione è netta: no, e quel contratto è nullo ai sensi dell’art. 1418 c.c.
Tuttavia, se dopo il d.lgs. 141/2010 la questione è divenuta pacifica, per i contratti sottoscritti prima dell’entrata in vigore di tale disciplina permanevano dubbi interpretativi.
Il fatto
Una consumatrice agisce per far dichiarare la nullità del contratto di apertura di credito revolving sottoscritto presso un punto vendita Conforama, in convenzione con Findomestic (già Credirama). Il Tribunale le dà ragione. Findomestic propone appello, sostenendo che all’epoca non vi fosse divieto per i venditori convenzionati di distribuire carte di credito e che, in ogni caso, la violazione del d.lgs. 374/1999 non determinasse nullità.
La Corte d’Appello, rilevando il contrasto giurisprudenziale, solleva rinvio pregiudiziale alla Cassazione, chiedendo:
“Se, nella vigenza del d.lgs. 374/1999 e del d.m. 13 dicembre 2001 n. 485, anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. 141/2010, fosse o meno consentita l’apertura di una linea di credito revolving a tempo indeterminato a seguito di contratto promosso e sottoscritto presso un fornitore di beni e servizi convenzionato con un intermediario finanziario, ma non iscritto nell’elenco U.I.C., e se, in tal caso, il contratto debba ritenersi nullo ai sensi dell’art. 1418, primo comma, c.c.”
Le due tesi a confronto
La Cassazione ricostruisce i due orientamenti fino ad allora consolidati:
- Tesi nullitativa: la promozione del credito revolving da parte di soggetti non iscritti all’U.I.C. costituisce violazione di norme imperative a tutela dell’ordine economico e del consumatore. Il contratto è, dunque, nullo.
- Tesi formalistica: la normativa avrebbe funzione meramente antiriciclaggio e il difetto di iscrizione non inciderebbe sulla validità del contratto.
La decisione della Corte
La Corte aderisce all’orientamento nullitativo e ne definisce i presupposti. In particolare, afferma che:
- il credito revolving non è una semplice carta di pagamento, ma un vero e proprio strumento di finanziamento;
- nel vigore della normativa del 1999, tale attività era riservata ai soggetti iscritti all’elenco U.I.C.;
- l’intervento del venditore, se non autorizzato, comporta la nullità dell’intera operazione, anche se non parte formale del contratto.
E dopo il 2010?
Con il d.lgs. 141/2010, il legislatore ha riformato profondamente la disciplina dell’intermediazione finanziaria, affidando la vigilanza all’OAM (Organismo degli Agenti e dei Mediatori). La promozione e la conclusione di contratti di credito – comprese le carte revolving – sono oggi attività riservate esclusivamente a soggetti iscritti all’albo OAM.
Pertanto, anche per i contratti stipulati dopo il 2010, se la proposta è stata formulata da soggetti non abilitati (come un venditore in negozio di elettrodomestici), il contratto può essere considerato nullo per violazione di norme imperative.
La nullità comporta effetti chiari:
✔️ restituzione degli interessi pagati
✔️ obbligo per il consumatore di restituire solo il capitale effettivamente erogato
Questa sentenza va ben oltre il caso concreto: si propone come precedente vincolante per migliaia di contratti analoghi, stipulati prima e potenzialmente anche dopo il 2010, in cui il credito revolving è stato proposto da soggetti non abilitati, talvolta in buona fede ma in violazione della legge.
In un sistema bancario che ha spesso lucrato su clausole opache e sulla scarsa informazione dei consumatori, questa pronuncia rappresenta un atto di giustizia si pur tardiva.
Chi ha sottoscritto contratti simili ha oggi una concreta possibilità di tutela:
📌 rivedere i vecchi contratti;
📌 verificare i requisiti del promotore;
📌 valutare la possibilità di un’azione per nullità e ripetizione dell’indebito.
Perché, come spesso accade nel diritto, ciò che sembrava inamovibile può diventare fragile.
Qui la sentenza