Come anticipato nei giorni scorsi con un articolo dedicato, il Senato ha approvato definitivamente il ddl n. 2320, di conversione, con modificazioni, d.l. 25 maggio 2021, n. 73 (c.d. Decreto “Sostegni bis”), recante misure urgenti connesse all’emergenza da COVID-19, per le imprese, il lavoro, i giovani, la salute e i servizi territoriali. Tra queste è stato inserito un emendamento che ha riformulato l’art. 125 sexies del TUB con lo scopo di congelare gli effetti della nota sentenza della CGUE Lexitor dell’11 settembre 2019. Dopo due anni di incessanti pressioni da parte del sistema bancario, Il parlamento, dimenticando che l’Italia ha una costituzione che fissa il principio del primato del diritto comunitario, ha approvato una norma che stabilisce l’esatto contrario di quanto disposto dalla CGUE. Se per la Corte in caso di estinzione anticipata del finanziamento, il consumatore ha diritto ad una riduzione di tutti i costi sostenuti in sede contrattuale, e ciò a partire dal recepimento della direttiva 48/2008, la nuova formulazione dell’art 125 sexies dispone, di fatto, l’applicazione della sentenza Lexitor solo con riferimento ai contratti stipulati successivamente all’entrata in vigore della legge di conversione. Con riferimento ai contratti sottoscritti prima della data di entrata in vigore della legge di conversione “continuano ad applicarsi le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo n. 385 del 1993 e le norme secondarie contenute nelle disposizioni di trasparenza e di vigilanza della Banca d’Italia vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti“. In buona sostanza, poiché sino al 4 dicembre 2019, la normativa secondaria di Bankitalia, che prevedeva la distinzione dei costi up front e recurring, non riconosceva il rimborso di tutti i costi bensì solo di quelli a maturazione differita, il legislatore ha inteso far resuscitare le circolari del 2009 e del 2011 di Bankitalia così salvando le banche dall’obbligo di restituzione di tutti i costi sostenuti. Dunque per tutti i contratti stipulati dal 2009 al 2019 o, a seconda delle interpretazioni, al 2021, i costi up front non sono rimborsabili mentre lo diventano per i contratti stipulati successivamente. Con l’approvazione della norma immaginiamo che gli a.d. delle banche e finanziarie stiano stappando bottiglie di champagne in riva al mare per festeggiare il regalo ricevuto dal parlamento. Tuttavia, a ben vedere, non c’è da essere sereni per le banche e per lo Stato italiano posto che la norma, così come redatta, presenta numerosi profili di illegittimità. Le sentenze della Corte di giustizia sono volte ad assicurare il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione del Trattato e, come ribadito dalla Corte Costituzionale, qualsiasi sentenza che applica e/o interpreta una norma comunitaria ha carattere di sentenza dichiarativa del diritto comunitario, nel senso che la Corte di giustizia, come interprete qualificato di questo diritto, ne precisa autoritariamente il significato con le proprie sentenze e ne determina, in definitiva, l’ampiezza e il contenuto delle possibilità applicative. Ma cosa accade se una norma di diritto interno è in contrasto con una norma di diritto comunitario? In questa ipotesi il giudice nazionale ha l’obbligo di disapplicare la norma statale a favore di quella europea interpretata nel senso vincolativamente indicato dalla sentenza della C.G.U.E.. In altri termini, poiché la norma approvata di cui all’art 125 sexies è in contrasto con la normativa europea, così come interpretata in sede giudiziale dalla CGUE, il giudice italiano avrà l’obbligo di non applicarla. A ciò si aggiunga che in caso di violazione del diritto dell’UE, come nel caso in questione, la Commissione può avviare una procedura formale di infrazione nei confronti di uno Stato membro anche su denuncia di cittadini o altre parti interessate.
Sarà curioso capire quale sarà l’atteggiamento di Banca d’Italia, se procederà all’emanazione di una nuova circolare che smentisca la Lexitor, e porsi così in un’ulteriore situazione di violazione della normativa europea, oppure se manterrà le indicazioni del 4.12.2019, creando un ulteriore contrasto tra la normativa secondaria che prevede il rimborso degli oneri up front dal dicembre 2019 e la legge nazionale che rende efficace la restituzione dei medesimi oneri solo dopo l’entrata in vigore della legge di conversione.
Insomma, un pastrocchio all’italiana che per un verso ribadisce la forza politica che riveste il sistema bancario nel nostro paese (e nell’aula del parlamento) e per altro non pone alcuna fine alla questione Lexitor ma rischia di far passare l’Italia sotto le forche caudine di una procedura di infrazione.