In questo articolo, diviso per parti, l’avv. Fabrizio Monopoli spiega in parole semplici la materia relativa al rimborso della cessione del quinto, dando un volto più nitido a una vicenda apparentemente complessa, ma che si sostanzia nella più banale e semplice lotta tra due interessi confliggenti: il potere delle banche per un verso e la tutela del consumatore per altro.
Ci eravamo lasciati qui:
Prime direttive, nascita dell’ABF, intervento della Corte di Giustizia UE. In questa seconda parte, facciamo chiarezza su questi temi in materia di rimborsi relativi alla cessione del quinto.
Direttive e intervento Bankitalia
Nel 2008, la direttiva 23/8/2008, n. 2008/48, con l’art. 16, ha ribadito il principio già stabilito dall’art 125 del TUB statuendo che “Il consumatore ha il diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto”.
Così, il d.lgs. 13/8/2010 n. 141 ha trasposto nell’ordinamento italiano la predetta Direttiva 2008/48, introducendo l’art. 125 sexies TUB, ricognitivo della precedente norma come più volte stabilito dai Collegi ABF, disponendo che “Il consumatore può rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore. In tale caso il consumatore ha diritto a una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto”.
In buona sostanza, ha riconosciuto l’obbligo di restituire, in caso di estinzione anticipata, tutti i costi sostenuti e non goduti. L’esempio emblematico può essere rappresentato dal premio assicurativo per la rca. Se pago il premio annuale per la copertura assicurativa dal rischio sinistri automobilistici, il 1° gennaio 2020 sono assicurato sino al 1° gennaio 2021. Se tuttavia, il 1° luglio 2020 decido di vendere l’auto (senza che ne acquisti un’altra facendo così il passaggio della copertura), chiederò alla compagnia il rimborso delle mensilità (da luglio 2020 al 1° gennaio 2021) pagate ma non godute.
Orbene, tale principio, (come evidenziato, ma non fa mai male ripeterlo) già previsto nel nostro ordinamento, ha costretto Banca d’Italia, organo di vigilanza delle banche, a adottare due circolari indirizzate agli istituti finanziari nel 2009 e nel 2011. Tuttavia, cercando di trovare un punto di equilibrio tra gli interessi contrapposti, ha dato una sua interpretazione al principio comunitario, distinguendo le voci di costo inserite nei contratti in spese up front e spese recurring. Ovvero, le spese che sono preordinate alla erogazione del finanziamento e quelle relative a tutto il corso del prestito. Da tale distinzione ne ha fatto discendere l’obbligo di rimborso limitandolo a quelle a maturazione differita (recurring) ed escludendo quelle a maturazione immediata (up front). Tale distinzione, introdotta da Bankitalia, non ha alcuna base nella fonte normativa di settore ma, come già accennato, ha rappresentato un mezzo per consentire alle banche di applicare ulteriori voci di spesa sui contratti sia pur con l’obbligo di specificarne la natura. E invero, sino a quel momento, le banche avevano “caricato” costi sotto la generica dizione di “commissioni”, senza indicarne le caratteristiche.
La nascita dell’Arbitro Bancario finanziario
Nel contempo, a partire dal 2009, è stato istituito in Italia l’Arbitro Bancario finanziario, un cosiddetto ADR (Alternative Despute Resolution), un sistema di risoluzione alternativa delle controversie che possono sorgere tra i clienti e le banche e gli altri intermediari in materia di operazioni e servizi bancari e finanziari che ha rappresentato, nel corso del tempo, un’opportunità di tutela del consumatore più semplice ed economica rispetto al giudizio ordinario.
L’istituto ha riscosso così tanto successo da consentire la possibilità di agire contro le banche per la tutela dei propri diritti anche per somme non elevate (il che non sarebbe stato possibile per ragioni di mera convenienza dinanzi al Giudice ordinario).
La materia relativa alle richieste di rimborso per le operazioni di cessioni del quinto e delega di pagamento ha assunto un’importanza tale da rappresentare nell’anno 2017 circa il 72% del totale del contenzioso sottoposto alla cognizione dell’ABF.
Nel corso degli anni numerosi consumatori hanno richiesto il rimborso degli oneri non goduti, anche a mezzo rappresentanti o associazioni, con riferimento a contratti estinti anticipatamente nei precedenti dieci anni.
Le decisioni dell’ABF sono state rispettate da parte degli intermediari per la quasi totalità. Occorre evidenziare che le stesse non sono vincolanti per le banche, poiché non hanno l’efficacia esecutiva di una sentenza del Giudice ed è previsto, in caso di inadempimento, l’obbligo di dare notizia del mancato rispetto della decisione sul proprio sito internet per 6 mesi.
Nel contempo, gli intermediari si sono adeguati alle indicazioni di Banca d’Italia e, al fine di evitare il rimborso dei costi, hanno modificato i loro contratti prevedendo da un lato che il costo del premio assicurativo fosse formalmente a carico della banca e dall’altro azzerando quasi del tutto le commissioni cosiddette recurring (soggette a rimborso) e aumentando quelle upfront (non soggette a rimborso).
Ma fatta la legge trovato l’inganno, poiché attraverso questo spostamento dei costi, i contratti presentavano delle commissioni a maturazione immediata che toccavano cifre altissime (tra spese istruttorie e di intermediazione si è arrivati a far pagare anche 4/5000,00 euro) e commissioni a maturazione differita, cioè quelle spalmate per tutto il corso del contratto, pari o vicine allo 0.
Sarà perché le banche sono fans sfegatate del Gattopardo di Tomasi di Lampedusa e della frase simbolo secondo cui “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi” anche tradotta nel più immediato “Tutto cambi perché nulla cambi”, ma i comportamenti degli intermediari nell’ambito delle operazioni di cessione del quinto rappresentano il vivido tentativo di lasciare tutto com’è con riferimento ai grandi guadagni che incamerano – mentre tutto sta cambiando, cioè mentre l’Europa si sforza di adottare decisioni che vanno nella direzione di una tutela maggiore del consumatore .
L’intervento della Corte di Giustizia dell’Unione Europea
Ad ogni modo, nel 2018, la società polacca Lexitor si è accorta di questo meccanismo e, nell’ambito di un giudizio dinanzi ad un Tribunale polacco teso ad accertare il diritto del consumatore a richiedere la restituzione proporzionale dei costi non goduti, ha sollevato una questione pregiudiziale (ex art. 267 TFUE) dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, l’organo che si occupa di assicurare l’esatta interpretazione del diritto comunitario in Europa.
In particolare, il Tribunale di Lublino‑Wschód ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte il quesito pregiudiziale chiedendo se l’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48 debba essere interpretato nel senso che il diritto ad una riduzione del costo totale del credito in caso di rimborso anticipato del credito include anche i costi che non dipendono dalla durata del contratto.
La Corte attraverso un articolato e lineare ragionamento, privilegiando l’interpretazione sistematica dell’art. 16, ha concluso affermando che in caso di estinzione anticipata di un finanziamento il consumatore ha diritto alla riduzione – rectius rimborso – di tutti i costi sostenuti, superando la distinzione operata da Banca d’Italia tra le commissioni up front e recurring .