La materia del rimborso della cessione del quinto spiegata in parole semplici |Parte prima

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In questo articolo, diviso per parti, l’avv. Fabrizio Monopoli spiega in parole semplici la materia relativa al rimborso della cessione del quinto, dando un volto più nitido a una vicenda apparentemente complessa, ma che si sostanzia nella più banale e semplice lotta tra due interessi confliggenti: il potere delle banche per un verso e la tutela del consumatore per altro.

Cessione del quinto: di cosa parliamo?

Il punto di partenza è la cessione del quinto, che rappresenta la forma di finanziamento più diffusa nel nostro Paese e anche quella più garantita dalla prospettiva degli istituti finanziari.

L’espressione deriva dal fatto che l’importo della rata di rimborso del prestito non può superare il valore di 1/5 dello stipendio o della pensione. È una tipologia di prestito ipergarantita, considerato che l’istituto che eroga il finanziamento trattiene il rimborso del prestito direttamente in busta paga, o sulla pensione, mediante una trattenuta mensile. Inoltre, è prevista obbligatoriamente la stipula di un’assicurazione a copertura del rischio impiego e del rischio vita. Così, al verificarsi di uno dei due eventi, il soggetto che ha erogato è sicuro di ottenere il rimborso integrale del credito.

La legge prevede inoltre che decorsi i 2/5 del piano di ammortamento, il consumatore possa estinguere anticipatamente la cessione attraverso la stipula di un nuovo contratto della medesima tipologia, il quale copre il saldo residuo e offre nuova liquidità al richiedente. Talvolta si usano impropriamente i termini di “rinnovo” o “rinegoziazione” per semplificarne la dinamica. Tuttavia, da un punto di vista giuridico si tratta di una estinzione anticipata di un contratto e il perfezionamento di un nuovo. Capita spesso che le finanziarie contattino i loro clienti per proporre questo passaggio. Così se ho stipulato un contratto di cessione nel 2016, della durata di 10 anni, allo scadere dei 4 anni (pari ai 2/5 del totale) posso estinguere anticipatamente il prestito mediante la stipula di uno nuovo.

Inoltre, questa tipologia di finanziamento rappresenta uno dei prestiti maggiormente onerosi per il consumatore il quale è “costretto” talvolta a ricorrere poiché si trova ad avere una situazione di accesso al credito pregiudicata e pertanto non ha altre possibilità per richiedere del denaro se non quella di ipotecare il quinto del suo stipendio. Rispetto ad altri finanziamenti, le voci di costo che compongono il TAEG, ovvero il tasso complessivo di costo del credito, sono notevoli. Se un prestito personale prevede, infatti, solo le cosiddette commissioni istruttorie, i contratti di cessione del quinto contemplano anche commissioni di altra natura e variamente denominate: bancarie, accessorie, di intermediazione, di accensione del prestito, di collocamento, di attivazione. Insomma, a chi redige tali schemi contrattuali non manca di certo una imponente fantasia che attinge da un vasto vocabolario per denominare le varie voci di costo. A ciò si aggiunga la presenza delle spese per la componente assicurativa (rischio vita e rischio impiego). Resta escluso dal novero delle commissioni il TAN, che rappresenta una fisiologica voce di costo.

Nel corso degli anni si è assistito a contratti con i quali, a fronte di una cessione complessiva del proprio stipendio di 30mila euro, rimborsabile in 10 anni, il consumatore si vedeva liquidato una somma a volte non superiore a 16/17.000,00 euro. La differenza tra l’importo lordo e quello netto risiede proprio nella somma dei costi dovuti a titolo di interessi e di tutte le componenti commissionali.

Tuttavia, a partire dal 1993, la legge, in modo chiaro, ha disposto che nel caso di estinzione anticipata di un contratto di finanziamento vi dovesse essere una riduzione proporzionale del costo totale del credito. Detto in altri termini, se ho sostenuto 6mila euro di spese, (interessi più commissioni) per 10 anni, ed estinguo anticipatamente il contratto in seguito al pagamento della metà delle rate previste dal piano di ammortamento, ho diritto alla riduzione – rectius storno o rimborso – di ciò che ho pagato.

Dunque, la banca, in seguito all’estinzione avvenuta con il pagamento della metà delle rate dovrà rimborsarmi 3.000,00 euro in applicazione del pro rata temporis, criterio in base al quale l’importo delle voci di costo deve essere diviso per il numero delle rate complessive e il risultato moltiplicato per il numero delle rate residue.

Nonostante ciò, sino ad una decina di anni fa, le banche e le finanziarie hanno sempre glissato su tale aspetto e, in rari casi, provvedevano a rimborsare o stornare in sede di estinzione una minima parte degli importi, all’incirca il 5/6 % sul totale.

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