Il 20 marzo 2023 il Tribunale di Torino, in persona del giudice Enrico Astuni, (uno dei massimi esperti sulla materia, essendo stato l’autore dell’ordinanza di remissione alla Corte Costituzionale della l. n. 106/21) ha pronunciato un’ordinanza che segna un’ulteriore svolta fondamentale nell’attualissimo dibattito riguardante l’applicazione della sentenza Lexitor, bacchettando il Tribunale di Castrovillari che, con sentenza del 10 marzo 2023, ha avuto l’ardire di affermare che”in caso di estinzione anticipata del contratto di finanziamento, rimborsabile mediante cessione del quinto dello stipendio e/o pensione, il consumatore ha diritto alla riduzione dei soli costi “recurring” e non anche dei costi “up-front”, in quanto questi ultimi concernono prestazioni, poste in essere preliminarmente alla concessione del credito ed integralmente eseguite al momento dell’estinzione anticipata e che per tale ragione, devono essere remunerate per l’intero ammontare del loro corrispettivo”.
Dunque nonostante una sentenza della CGUE e una pronuncia della Corte Costituzionale, c’è un Tribunale in Italia che riesce ad affermare il contrario di quanto disposto dalle massime autorità giurisdizionali e provocando illusorie gioie nei corridoi degli istituti finanziari.
Il Giudice Astuni, in linea con quanto sostenuto da unanime giurisprudenza, italiana e comunitaria, con questa decisione ha riaffermato i principi di diritto relativi alla rimborsabilità dei costi ed è intervenuto inoltre anche sul criterio applicabile per la quantificazione degli stessi:
- Il consumatore ha diritto alla riduzione del costo totale del credito, vale a dire in quota parte sia i costi “recurring” che i costi “up front”, secondo il criterio pro rata temporis, in caso di estinzione anticipata di contratti di finanziamento rimborsabili mediante la cessione del quinto dello stipendio o della pensione stipulati prima del 25 luglio 2021, dunque si applica l’art. 125-sexies t.u.b. ante riforma, il quale va interpretato – come indicato da C. Cost. 22 dicembre 2022, n. 263 – in conformità dell’art. 16, paragrafo 1, della direttiva 2008/48/CE come a sua volta interpretato dalla sentenza 11 settembre 2019 della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, C-383/18, caso Lexitor.
- Il diritto del cliente alla riduzione riguarda tutti i costi di accesso, comprese le commissioni destinate a remunerare i servizi resi da un mediatore creditizio (o altra consimile figura); la pretesa di distinguere tali commissioni dalla generalità dei costi è, peraltro, artificiosa, visto che l’esternalizzazione della fase di acquisizione dei contratti, con l’affidamento della stessa ad agenti, mediatori creditizi, fornitori convenzionati ecc., è una libera scelta organizzativa del finanziatore, che non può privare il cliente del diritto alla riduzione.
- La disciplina di cui alla dir. 2008/48, riguardante i contratti di credito relativi a beni immobiliari residenziali, data la sua specificità, non può essere estesa ai contratti di finanziamento rimborsabili mediante la cessione del quinto dello stipendio o della pensione, poiché nel primo caso summenzionato, esistono obiettivi e importanti costi di accesso al contratto indipendenti dal “margine di manovra” del finanziatore e non recuperabili nel caso di estinzione anticipata, come i costi della perizia estimativa e dell’iscrizione ipotecaria e le spese notarili, che giustificano questo approccio differenziato e ammettono una differente tecnica di tutela del consumatore.
Deve evidenziarsi che il tema del criterio applicabile nonché la decisione della CGUE relativa ai contratto di credito immobiliare, rappresentano, oggi, gli elementi che le banche stanno sollevando al fine di resistere alle legittime richieste di rimborso dei consumatori.
Ed invero, gli istituti finanziari da un lato riconoscono tale diritto opponendosi tuttavia alla modalità di calcolo proporzionale – come tuttavia ha stabilito la Corte Costituzionale – e preferendo quella della “curva degli interessi” che, a conti fatti, è molto più svantaggiosa per i consumatori. D’altro lato invece evocano la sentenza della CGUE del 9 febbraio 2023, in tema di credito immobiliare, quale battuta d’arresto della Corte rispetto alla precedente pronuncia Lexitor. Un richiamo che, come emerge dalla ordinanza del Tribunale di Torino, è assolutamente errato e fuorviante poiché riguarda un’altra direttiva ed è fondata su tipologie contrattuali ben diverse. Anzi, leggere la sentenza del 9 febbraio 2023, con la dovuta attenzione che si dovrebbe nei confronti di qualsiasi provvedimento, significa comprendere che la CGUE ha confermato la piena applicabilità dei principi della Lexitor per i contratti di credito al consumo.
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Dott. Luigia Dello Iacovo
avv. Fabrizio Monopoli