Con ordinanza 466/2023 il Tribunale di Treviso, in persona del giudice Massimo De Luca, interviene per la riforma della sentenza n. 81/2021, emessa dal Giudice di Pace di Conegliano, riguardante una causa tra un consumatore e la società Sigla S.r.l., la cui sede legale è esattamente a Conegliano (TV).
La causa vede attore un consumatore che, ancora una volta, si è visto negare il proprio diritto al rimborso dei costi totali del credito sostenuti, secondo il criterio pro rata temporis, a causa di una quietanza liberatoria sottoscritta con cui accettava il minor importo di € 414,14 a fronte dell’importo dovuto di € 3.199,50.
Come noto, è prassi per la finanziaria Sigla S.r.l. sottoporre al cliente, che ha richiesto il conteggio estintivo, la sottoscrizione di una quietanza liberatoria con la quale, in spregio a qualsiasi norma giuridica in tema di trasparenza e correttezza dei rapporti con i consumatori, quest’ultimi sono, di fatto, obbligati a rinunciare agli importi dovuti per legge al fine di ricevere il conto di estinzione.
Ed invero, senza essere edotti su quanto abbiano effettivamente diritto, i consumatori dichiarano di non pretendere alcuna somma in più rispetto a quella offerta dalla finanziaria così impedendo loro, una volta analizzato il contratto di finanziamento, di ottenere quanto dovuto.
Ma la giurisprudenza, sul punto, ha posto un principio sacrosanto ribaltando la pronuncia di primo grado.
Secondo la finanziaria “La sentenza n. 81/2021 del Giudice di Pace di Conegliano aveva rigettato la domanda dell’attore volta ad ottenere la restituzione dei costi non rimborsati in occasione dell’estinzione anticipata dato che l’attore aveva sottoscritto una quietanza liberatoria interpretata come una vera e propria transazione, abdicativa del diritto di pretendere ulteriori somme da parte del finanziatore.” Tuttavia, l’attore ha evidenziato che: “La sentenza impugnata fosse errata innanzitutto per aver considerato la quietanza liberatoria da lui sottoscritta come una vera e propria transazione, abdicativa del diritto di pretendere ulteriori somme da parte del finanziatore, mentre detto documento doveva considerarsi una mera dichiarazione di scienza.”
Il Tribunale di Treviso concluso per la fondatezza delle ragioni dell’attore “La sentenza del Giudice di Pace di Conegliano, oggi appellata, non ha correttamente interpretato, alla luce della più corretta giurisprudenza dell’Arbitro Bancario e della stessa Corte di Cassazione, la quietanza liberatoria versata agli atti del giudizio”.
Il Giudicante ha chiarito “piuttosto che un atto transattivo – che già, prima facie, non pare possa classificarsi tale, vista la mancanza di sottoscrizione da parte di entrambe le parti e delle reciproche concessioni che i soggetti coinvolti dovrebbero farsi al fine di prevenire ovvero di porre fine a una lite – sembra possa definirsi, piuttosto, alla stregua di una mera dichiarazione di parte che, tuttavia, non è idonea ad integrare un atto abdicativo, con effetti estintivi, alla pretesa di ricevere ulteriori somme. Dalla lettura del documento in questione dalla stessa appellata nel corso del giudizio di primo grado, non si evince alcuna pretesa da parte dell’appellante alla quale, con detta dichiarazione, egli abbia voluto rinunziare. Senza considerare che pacificamente il modulo sottoscritto dall’appellante, è stato predisposto dalla medesima appellata e solo sottoscritto da parte del consumatore”.
Del resto sul tema, si è pronunciato il medesimo Arbitro Bancario Finanziario, che in casi simili, si è espresso ritenendo necessario “un preciso riferimento all’oggetto della rinuncia, vale a dire la determinazione quantitativa (ammontare) e causale (titoli delle voci non rimborsate) di ciò cui il cliente rinunciava” non ritenendo sufficientemente il generico riferimento inserito nella quietanza alla “corresponsione, da parte [dell’Intermediario], di somme di denaro, ulteriori a quelle appena elencate, a titolo di costi non goduti, determinate secondo il criterio proporzionale puro, anche se di importo superiore alla quota rimborsata secondo le condizioni contrattuali sopra richiamate” (Cfr. ABF – decisione n. 25574 del 2021).
Allo stesso risultato perviene anche la Suprema Corte, la quale in diverse pronunce si è espressa affermando che: “Nella dichiarazione liberatoria, per essere ravvisabili gli estremi di un negozio di rinunzia o transazione in senso stretto, è necessario che per il concorso di particolari elementi di interpretazione contenuti nella stessa dichiarazione, o desumibili aliunde, risulti che la parte l’abbia resa con la chiara e piena consapevolezza di abdicare o transigere su propri diritti” (Cass. n. 23296/2019).
Alla luce di quanto evidenziato e, dall’esame della quietanza liberatoria prodotta, appare evidente la mancanza sia di una determinazione quantitativa e causale di ciò cui il cliente rinunciava, sia della sua consapevolezza circa il suo diritto ad ottenere il rimborso di somme ulteriori rispetto a quelle già restituite in suo favore dalla finanziaria in occasione dell’estinzione.
D’ora in poi, pertanto, possono ritenersi nulle le quietanze liberatorie sottoscritte dai consumatori e, pertanto, gli stessi avranno diritto al rimborso di tutte le voci di costo, in caso di estinzione anticipata, per la quota parte non goduta.
Questa è una straordinaria vittoria per i consumatori che si inserisce nel lungo ma, ormai cristallino, percorso avviato dalla nota pronuncia Lexitor.
Per leggere il testo della sentenza -> TR TREVISO,22.3.23,SIGLA-G. DE LUCA