“L’Italia è la culla der diritto ed er diritto ce s’è cullato così bene che s’è addormito e nun se sveia più”, così affermava nel lontano 1974 il Giudice costituzionale Virgilio Andrioli e, periodicamente, tale affermazione trova conferma soprattutto quando ci sono in gioco gli interessi del sistema bancario, dove non c’è diritto né principio che tenga. Viviamo in unPaese dove appare tutto normale, anche l’approvazione di una norma che intende smentire, dopo solo 6 mesi, la pronuncia della Corte Costituzionale. Ed invero dopo che la Corte Costituzionale ha statuito che in caso di estinzione anticipata di un finanziamento tutti i costi sostenuti dal consumatore debbano essere rimborsati, così dichiarando l’incostituzionalità dell’art. 11-octies, comma 2, del D.L. n. 73 del 2021 convertito con la l. 106/21, nella parte in cui escludeva il rimborso di tutti i costi del finanziamento, per la quota parte non maturata, è stato approvato il seguente emendamento, in sede di conversione del “dl infrazioni” al Senato, «1-bis All’articolo 11-octies, comma 2, del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, il secondo periodo è sostituito dal seguente: “Nel rispetto del diritto dell’unione europea, come interpretato dalle pronunce della Corte di Giustizia, in caso di estinzioni anticipate dei contratti sottoscritti prima della data di entrata in vi- gore della legge di conversione del presente decreto continuano ad applicarsi, fatte salve le disposizioni del codice civile in materia di indebito oggettivo e di arricchimento senza causa, le disposizioni dell’articolo 125-sexies del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 vigenti alla data della sottoscrizione dei contratti; non sono comunque soggette a riduzione le imposte e i costi sostenuti per la conclusione dei medesimi contratti. Ove non sia diversamente indicato dalle parti, la riduzione del costo totale del credito avviene in conformità al criterio del costo ammortizzato“».
Viene dunque aggiunto l’inciso secondo il quale non sarebbero soggette a rimborso le voci di costo cd. Up front, ovvero le medesime sulle quali si è già pronunciata la Corte Costituzionale che ha sancito l’assenza di qualsivoglia distinzione tra costi up front e costi recurring, posto che una diversa “disposizione costituisce una violazione dei vincoli derivanti dalla Direttiva Europea sul credito al consumo”.
Quindi il parlamento si prepara, in attesa della definitiva approvazione da parte della camera dei deputati, a introdurre una norma già dichiarata incostituzionale, peraltro in sede di conversione in legge di un d.l. che si pone l’obiettivo di adottare per l’attuazione degli obblighi derivanti dall’Unione Europea, sicché più che un paradosso una vera e propria presa in giro a danno del diritto Unionale, della Corte di Giustizia Europea e della nostra Corte Costituzionale.
Ma, analizzando più nel dettaglio tale norma, si intuisce come l’obiettivo del sistema bancario, assolutamente consapevole della illegittimità della norma, è quello favorire una certa confusione in un quadro normativo che ha già trovato la sua definizione con la sentenza della Corte Costituzionale, e ciò al fine di costruire un appiglio per giustificare il diniego, in sede stragiudiziale, alle richieste di rimborso provenienti dai consumatori. Ovviamente sarebbe utile che la camera dei deputati valutasse con serietà e attenzione tale provvedimento, per evitare di causare nuovamente una pronuncia di incostituzionalità della norma. Ma, ad ogni modo, occorre evidenziare che quandanche dovesse essere approvata in via definitiva, la giurisprudenza nazionale non potrà mutare un orientamento consolidatosi già prima della pronuncia della Corte Costituzionale. Insomma le banche ci provano sapendo che nulla cambierà e che i consumatori avranno sempre diritto alla restituzione dei costi non goduti in caso di estinzione anticipata.
avv Fabrizio Monopoli