Se il figlio è laureato ma non si è attivamente impegnato nella ricerca di un lavoro, anche di un impiego diverso da quello per cui ha studiato, non è compito del genitore mantenerlo. Lo ha stabilito una sentenza della Cassazione, l’ordinanza n.29779/2020. Richiamando l’ordinanza n. 17183/2020, si è espressa nel rigettare il ricorso di una madre, dopo che la Corte d’Appello di Catania, pronunciandosi sulla sentenza di divorzio, aveva posto a carico del padre l’obbligo di contribuire al mantenimento di un solo figlio, corrispondendogli un assegno mensile di 200 euro.
La donna, tuttavia, ha presentato ricorso sollevando due motivi. Innanzitutto, ha fatto presente che il giudice territoriale, senza valutare la situazione economica delle parti, ha riconosciuto a carico del padre l’obbligo di contribuire al mantenimento di un solo figlio, senza aver disposto nulla in favore del figlio maggiore, considerato autonomo in ragione dell’età (27 anni), nonostante l’assenza di prove sulla sua raggiunta indipendenza economica. Inoltre, la madre ha fatto presente l’omesso esame di quanto indicato nel ricorso introduttivo, che avrebbe dovuto condurre la Corte a un diverso giudizio sull’indipendenza economica del figlio.
La pronuncia della Cassazione
Il mantenimento esclusivo di uno dei due figli, tuttavia, è stato motivato dalla Corte tramite la suddetta ordinanza, nella quale si legge in dettaglio: il figlio divenuto maggiorenne ha diritto al mantenimento a carico dei genitori soltanto se, ultimato il prescelto percorso formativo scolastico, dimostri, con conseguente onere probatorio a suo carico, di essersi adoperato effettivamente per rendersi autonomo economicamente, impegnandosi attivamente per trovare un’occupazione in base alle opportunità reali offerte dal mercato del lavoro, se del caso ridimensionando le proprie aspirazioni, senza indugiare nell’attesa di una opportunità lavorativa consona alle proprie ambizioni.