Riunitosi lo scorso 12 febbraio, l’Organismo congressuale forense con apposita delibera ha formulato una proposta per poter procedere agli esami di abilitazione per la professione forense anche in tempo di pandemia. Tuttavia, le proposte non sono state gradite e condivise dalle associazioni dei giovani praticanti.
Nello specifico, l’Ocf ha preso atto del fatto che «la sessione degli esami abilitazione per l’anno 2020 non si è potuta tenere nello scorso anno, a causa delle problematiche connesse all’emergenza epidemiologica in atto ed è stata rinviata dal dicembre 2020 ai prossimi 13, 14 e 15 aprile 2021, con il concreto rischio però che si renda necessario un ulteriore differimento, atteso che lo stato di emergenza pandemico è attualmente prorogato fino 30 aprile 2021».
Le modifiche dovrebbero toccare i seguenti aspetti:
• stabilire la costituzione delle sottocommissioni di cui all’art. 47, comma 3, della legge 247/2012 in numero adeguato a consentire la divisione dei candidati fino ad un massimo di n. 150 per ciascuna di esse;
• consentire che, per rispettare le misure di distanziamento sociale ed anti-assembramento previste dalla normativa emergenziale anti-pandemica, lo svolgimento delle prove scritte possa avvenire in più plessi distinti anche su base circondariale o sub- circondariale, delegandosi a ciascuna sottocommissione le relative competenze e responsabilità di gestione;
• stabilire che la correzione degli elaborati sia affidata a ciascuna delle sottocommissioni innanzi alla quale i relativi candidati abbiano sostenuto le prove scritte, al fine di evitare che le necessità logistiche connesse agli spostamenti degli elaborati ritardino ulteriormente le operazioni di correzione.
Gli aspiranti avvocati vivono quindi con l’incertezza per lo svolgimento dell’esame di abilitazione alla professione forense previsto 13, 14 e 15 aprile. Per questo, Upa (Unione praticanti avvocati), Aipavv (Associazione italiana praticanti avvocati), Co.gi.ta (Coordinamento giovani giuristi italiani), Comitato per l’esame d’avvocato e Link, Coordinamento universitario hanno stilato un documento comune per avanzare un’ipotesi di soluzione.
La richiesta, in deroga alle modalità ordinaria di svolgimento, sarebbe quella di «procedere con una prova di abilitazione esclusivamente in forma orale senza compromessi tra il rischio sanitario, le legittime aspirazioni professionali e l’esigenza di non bloccare intere generazioni di categorie professionali».
L’Associazione italiana praticanti avvocati ha messo in luce come altri «Paesi europei hanno già da tempo trovato una soluzione prevedendo una prova orale a distanza – nel nostro Paese – il futuro dei praticanti resta ancora nel limbo, aprile si avvicina e l’emergenza sanitaria incombe. In questo momento storico risulta pressoché impossibile svolgere le prove scritte con modalità atte a garantire l’assoluta salubrità degli oltre 20.000 candidati».
L’impegno delle associazioni di categoria resta ora quello di chiedere alla neo Ministra della giustizia di procedere, in via preventiva e limitatamente alla sessione in corso, mediante un’unica prova orale, in luogo delle tre prove scritte, come già previsto per gli altri ordini professionali, nonché per gli aspiranti avvocati cassazionisti.