Partiamo da premessa: cosa sono le cassette di sicurezza?
Rappresentano un servizio fornito da un istituto bancario, dietro pagamento di un canone, con cui viene messo a disposizione del cliente una cassetta in metallo, collocata in locali blindati – di solito nel caveau della banca – e nel quale è possibile riporre denaro, oggetti di valore, gioielli e documenti. I Clienti decidono di avvalersi di questo servizio per evitare di lasciare in casa i propri oggetti di valore immaginando che, all’interno di una banca, siano più al sicuro.
Le cassette di sicurezza possono infatti essere aperte solo con il concorso di banca e cliente, i quali posseggono ciascuno una chiave. Mentre il contenuto resta invece segreto di fronte alla banca, che deve lasciare solo il cliente quando ripone o preleva gli oggetti custoditi.
Ma cosa accade in caso di furto o rapina delle cassette di sicurezza?
In questa tipologia di servizio, l’istituto bancario è responsabile nei confronti del proprio cliente per l’idoneità e la custodia dei locali e per l’integrità della cassetta. La banca non è, tuttavia, responsabile se il furto o il perimento dei beni è causato dal «caso fortuito» o da fattori imprevedibili e inevitabili anche avendo adottato tutte le misure del caso.
Tant’è che la banca concorda con i clienti un massimale entro cui ne risponde nel caso di furto o rapina cioè, a prescindere dal valore dei beni custoditi, il cliente viene risarcito fino ad un massimo concordato nel contratto. Sicché qualora il cliente decida di inserire beni per un valore superiore a quello assicurato lo fa a proprio rischio e pericolo perché, nel caso questi dovessero essere trafugati, la banca non ne risponderà per il maggior valore.
Ma quando il furto o la rapina avviene per dolo o colpa grave dell’istituto bancario, nella sua qualità di custode, cosa accade?
Ad esempio, i ladri riescono ad entrare all’interno della banca, e successivamente, grazie alla collaborazione di una “talpa”, entrano nel caveau e riescono a prelevare tutti i beni custoditi nelle cassette di sicurezza. In quel momento il sistema di video sorveglianza non è attivo all’interno di tutti i locali perché, qualche giorno prima, ha avuto un guasto che non è stato risolto e, qualora fosse stato funzionante, il furto si sarebbe potuto scongiurare. Ecco, in questo caso interviene la regola secondo cui chi custodisce un bene altrui deve adottare tutte le misure necessarie – a seconda del tipo di attività– per custodire tali oggetti.
Dunque, la banca non può limitarsi a garantire la presenza di cassette resistenti e una porta blindata per l’accesso al “caveau” ma, per esempio, è necessaria l’adozione di sistemi di videosorveglianza all’avanguardia e un collegamento con la centrale della polizia di modo.
Dunque, qualora la banca non abbia posto in essere tutte le dovute cautele, in caso di furto e/o apertura delle cassette di sicurezza con prelievo degli oggetti contenuti, dovrà risarcire i clienti non solo per l’importo garantito e assicurato ma per quello dichiarato al momento del deposito dei beni.
Sul punto la Cassazione, con provvedimento n. 16870 del 2016, ha affermato che nel caso di sottrazione dei beni custoditi nella cassetta di sicurezza a seguito di furto – il quale non rappresenta un’ipotesi di «caso fortuito», stante la “prevedibilità” dell’evento – è onere della banca dimostrare di aver posto in essere tutte le cautele possibili in tema di impianti e sicurezza. Inoltre, non è sufficiente, ad escludere la colpa, nemmeno la prova generica della diligenza.
Le Sezioni Unite della Cassazione hanno affermato la nullità della clausola che fissa un tetto al danno causato dall’inadempimento della banca circa l’obbligo di custodia dei beni depositati all’interno della cassetta di sicurezza. Non solo.
La Cassazione ha ritenuto nulla anche la clausola che concede l’uso della cassetta per la custodia di cose non superino un determinato valore con la conseguenze che, ai fini del risarcimento, non dovrà tenersi conto di tale clausola, sicché il Giudice potrà fondare la sua decisione anche solo sul giuramento estimatorio effettuato dal cliente perché la banca non è tenuta a verificare l’esatto valore del contenuto depositato nella cassetta. Si ricorda infatti che tale tipologia di servizio è connaturata con una particolare esigenza di riservatezza.
Dunque, le cassette di sicurezza rappresentano sì un servizio utile per i clienti che decidono di depositare oggetti, tuttavia – anche se in rari casi – sono anch’esse esposte al rischio di furto o apertura non autorizzata e, in tali situazioni, la banca dovrà rispondere salvo il caso fortuito o la presenza di fattori imprevedibili, onere questo molto arduo da dimostrare in sede giudiziale.
Cass.-Civ.-Sez.-I-n.-16870-del-26.06.2018